Una comunanza per Gualdo Tadino

Sarà la Rivoluzione del 2012 per Gualdo Tadino:
INCONTRO Regione, Comune e Promotori dell’iniziativa per Comunanza Agraria.

da: http://www.allegracombriccola.net

I promotori dell’iniziativa inerente il ripristino della Comunanza Agraria Appennino Gualdese, cittadini abitanti ed utenti del Comune di Gualdo Tadino, sono molto soddisfatti del primo incontro svoltosi in Comune alla presenza dei firmatari l’istanza, del Funzionario Regionale responsabile per gli usi civici e del Sindaco e Segretaria Comunale.
La prima fase del meeting è stata dedicata ad un rapido excursus storico degli usi civici nel territorio di Gualdo Tadino a partire dal 1500, passando per la costituzione della Comunanza Agraria e l’evento della riassunzione in amministrazione dei beni della stessa da parte del Comune nel 1976 con la Delibera Comunale oggetto dell’istanza.
Successivamente è stata la volta dei promotori del ripristino della suddetta Comunanza che hanno ribadito le loro richieste e, puntando il dito contro l’illegittimità sostanziale dell’Atto del Comune del 1976, hanno rinnovato la loro istanza alla Regione con la richiesta di riformalizzare lo Statuto dell’Ente Appennino Gualdese con presa d’atto dell’esistenza della Comunanza, di fatto mai sciolta ma in uno stato di quiescenza.
Contro questa interpretazione, seppure abbiano dichiarato la loro assoluta disponibilità a fare luce sulla vicenda in maniera completa ed esaustiva, si sono espressi sia il Sindaco che la Segretaria Comunale per i quali la Delibera del 1976, approvata da assise autorevole, sembra essere formalmente corretta.
Ma nella discussione che si è instaurata diversi sono stati i temi di importanza focale affrontati, ribaditi anche dalla Regione ed oggetto di una storia anomala e per certi versi inquietanti a Gualdo Tadino: i diritti di uso civico sono per loro natura imprescrittibili, inusucapibili ed inalienabili ed appartenenti alla collettività. Inoltre la Sentenza degli Arbitri di Foligno del 1893 sembra stabilire che i terreni soggetto ad uso civico a Gualdo Tadino appartengono agli abitanti.
Altro caposaldo ribadito durante l’incontro, e dai risvolti imprevedibili e voraginosi, è stato che la normativa vigente in materia stabilisce che quando sono le Amministrazioni Comunali a gestire legittimamente i beni ad uso civico queste devono disporre nel proprio bilancio di capitolo apposito per governare i relativi cespiti.
L’incontro si è concluso con la richiesta da parte della Regione all’Amministrazione Comunale di conferimento d’incarico entro il 31 Dicembre 2011 ad esperto/i per la trascrizione di tutti i documenti ed Atti ritenuti utili, alla consegna delle risultanze del lavoro ai promotori ed alla Regione entro il 29 febbraio 2012 e con la data del prossimo incontro fissato per il 19 Marzo 2012.
Lontana dall’essere soltanto la mera speranza di sognatori ancorati all’antico che chiedono il ritorno della Comunanza che fu, la vicenda di questa istanza si sta connotando sempre di più come l’evento rivoluzione del 2012 e degli ultimi 40 anni della storia della nostra Gualdo da riscattare e salvaguardare dalla marcia incessante di predatori che hanno mirato e mirano al nostro territorio, alle nostre montagne ed a tutte le risorse di cui disponiamo.
Si sente già il vento della Primavera, quello di una pacifica Rivoluzione della democrazia partecipata contro la soppressione inquietante del diritto di uso civico ed il sopruso che ne è derivato, minimo comune denominatore dell’impoverimento della nostra città e del suo decadimento. La nostra speranza è che il ritorno legittimo di un passato glorioso fatto di BENE COMUNE, di diritto e legalità sia, contro la sfida del nuovo anno di globale crisi economica, l’ancora di salvezza per il vero sviluppo e progresso della nostra Città.

Nadia Monacelli

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Nuova comunanza agraria. Può diventare la “banca” gualdese dei beni comuni

da Umbria Left (http://www.umbrialeft.it) – 28/11/2011 – 18:58

L’iniziativa di alcuni concittadini per riportare a nuova vita la Comunanza agraria dell’Appennino gualdese non è un rigurgito di mondo antico, ormai perduto ed acerrimo nemico della civilizzazione e del progresso contro cui si scaglierebbero dei “buoni” selvaggi, degli inguaribili sognatori, dei testardi amanti di un’idea meramente bucolica della natura e della sua fruizione od i soliti dogmatici ambientalisti del fronte più ottuso dei no ad ogni intervento di antropizzazione del territorio.

Questa iniziativa va al contrario salutata come positiva e degna di attenzione da parte delle istituzioni pubbliche locali e della politica, se non altro perché denota attenzione e spirito critico sui temi della difesa dell’ambiente e sugli interrogativi che si pongono in relazione alla sostenibilità dello sviluppo e al rilancio della nostra economia e perché è figlia di un impegno civile che può segnare una rinnovata stagione di partecipazione democratica nella nostra Città, altrimenti segnata da un progressivo ritrarsi dei cittadini dalla vita pubblica e dal deterioramento delle relazioni sociali.
Perché iniziative come questa generino effettivamente una nuova cultura del “bene comune” rapportata al governo ed all’amministrazione del territorio ed una sensibilità diffusa sulle questioni epocali della conversione ecologica e sociale dell’economia, è necessario che la politica si ponga in posizione di ascolto e di interlocuzione.

Quando si muovono i cittadini e, soprattutto, quando essi tendono a riappropriarsi direttamente dei loro diritti è sempre un bene e il sistema della rappresentanza politica non può girarsi dall’altra parte, dimostrando di non saper trarre alcuna lezione dagli accadimenti del passato, ancorché più recente. Nel caso della nuova comunanza agraria, non ci sfugge certo che ci troviamo di fronte alla riproposizione di una forma associativa per la difesa della montagna e per la conservazione del territorio che alligna le sue radici ai tempi più remoti e che trae fonte dal riconoscimento giuridico dei demani collettivi ad uso della comunità. Ma tale elemento non è di per sé disdicevole e non assume un carattere “regressivo”, non certo nel contesto attuale delle politiche economiche, energetiche ed ambientali nella nostra Città e di fronte a scelte che hanno duramente provato o possono ulteriormente provare la qualità del nostro ambiente montano e quella della vita dei cittadini, peraltro compiute con modalità estranee al conseguimento di obiettivi di interesse generale e senza particolari precauzioni di futuro.

Parimenti, essa assume un carattere estremamente positivo anche al cospetto della situazione generale del nostro Paese, con il suo passato e con il suo presente di saccheggio del territorio e di economia di rapina ed alla più che probabile vigilia della più vasta operazione di privatizzazione dei beni comuni mai tentata in precedenza. La comunanza agraria, se dovesse andare a buon fine, potrebbe esercitare un ruolo benefico come antidoto efficace contro la svendita indiscriminata del patrimonio pubblico appannaggio delle comunità locali, contro un ulteriore mercificazione del suolo e del sottosuolo e contro l’utilizzo venale e mercantile del territorio.

La comunanza agraria dell’Appennino gualdese per un più compiuto riconoscimento degli usi civici e collettivi nella nostra montagna e dei nostri boschi può dunque diventare quella che nell’ultimo consiglio comunale abbiamo voluto chiamare la “banca” gualdese dei beni comuni, una cassaforte che serva a mettere in sicurezza i beni comuni del nostro territorio, a metterli al riparo da ulteriori tentativi di sfruttamento distruttivo ed insostenibile e a presidiare l’interesse generale della collettività contro il profitto di pochi. L’eventuale ed auspicabile successo di questa iniziativa può pertanto riaprire la stessa partita sulle cave di Vaccara, può fornire un inedito contributo per rivedere la materia dello sfruttamento a fini commerciali dell’acqua e della sostenibilità delle nostre sorgenti, può aiutare ad eleggere come prioritarie le migliori scelte per una riconversione in chiave ambientale, turistica e culturale della nostra economia e può svolgere una funzione preventiva e precauzionale affinché scelte di dubbia validità come la realizzazione delle due centrali a biomasse così come immaginate dalla Giunta Morroni possano restare nell’innocuo alveo di una curiosità intellettuale e scientifica del Sindaco e dell’Assessore Pompei, coltivata privatamente e non già a carico della finanza pubblica locale.

La ritrattazione di fatto di quest’ultimo progetto da parte della Giunta sancita nell’ultimo consiglio comunale con il varo del piano energetico ambientale e dei due progetti pilota che non lo contemplano è stata una vittoria resa possibile dalla partecipazione democratica che abbiamo preteso ed abbiamo innescato sulle scelte in materia energetica ed ambientale. E’ stato il frutto di un impegno continuo che ci ha visto produttivamente interloquire con le forze più vive ed attive della società civile locale e con quei sodalizi che tengono alla difesa dei beni comuni senza perciò sentirsi irresponsabili di fronte all’urgente problema del rilancio della nostra economia attraverso una sua riconversione in chiave ecologica e sociale.

La comunanza agraria è dunque la benvenuta tra le tutte quelle forze che a vario titolo rialzano la testa nella nostra Città per rafforzare la lotta per i beni comuni. Auspichiamo che essa possa svolgere quel ruolo che i suoi fautori le hanno assegnato e ad essa daremo voce e sostegno nel consiglio comunale e nella Città, auspicando al contempo che tutte le forze che hanno a cuore i temi della sostenibilità ambientale possano dare vita ad una Costituente locale dei beni comuni. Sinistra per Gualdo lavorerà a questo fine.
Nel frattempo chiamiamo la cittadinanza a partecipare alla seduta del consiglio comunale convocata per giovedì 1 dicembre alle 15.oo dove finalmente verrà discussa la nostra proposta di Ordine del giorno per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e per il rispetto della volontà che 27 milioni di elettori italiani e più di 6600 cittadini gualdesi hanno manifestato nel referendum per l’acqua bene comune dello scorso 13 giugno.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

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Una tesi sulle comunanze

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Che cosa è la comunanza?

La comunanza agraria è un’associazione di agricoltori che godono di particolari benefici legati all’uso di terreni agrari. Partecipano alla comunanza i residenti nella frazione da almeno 5 anni. La comunanza è costituita da un consiglio di amministrazione, un presidente, un segretario e una assemblea di utenti. Gli utenti utilizzano i terreni pascolivi, i terreni boschivi, fabbricati, rifugi. Ogni comunanza ha un proprio statuto che indica gli scopi della stessa, i mezzi per sopravvivere, il patrimonio, l’amministrazione, i diritti e le contravvenzioni.

Il ruolo di questi enti

Rimane fondamentale il ruolo di queste associazioni per la difesa della montagna, dei boschi e dei pascoli; in collaborazione con la comunità montana e la regione vengono richiesti ed attuati interventi a difesa del territorio, dei boschi, dei pascoli e del bestiame ancora presente.In collaborazione con la regione, inoltre, sono stati costruiti laghetti artificiali, recuperate delle sorgenti, tracciati nuovi sentieri e delle strade a beneficio degli utenti ma anche di tutta la collettività.

 

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Comunanze nelle Marche

Le Comunanze agrarie sono un fenomeno abbastanza diffuso nell’entroterra marchigiano, nel comune di Arquata del Tronto ogni frazione ha la sua Comunanza agraria, che amministra beni comuni, quasi sempre pascoli o boschi cedui. Anche Pretare ha la sua Comunanza agraria con  una amministrazione eletta dagli abitanti del paese, che amministra i beni comuni: prati montani, (la Comunanza di Pretare possiede anche una casa all’interno del paese). Fanno parte della Comunanza Agraria tutti coloro che hanno la residenza anagrafica nel paese. Una volta, quando i paesi erano pieni di greggi di pecore, l’amministrazione regolamentava il pascolo di detti greggi, oggi che, la pastorizia locale è finita, affitta detti prati ad aziende agricole di altri comuni, usando poi il ricavato per opere agricole o comunque di utilità per il paese.

Sull’origine di questa istituzione non si sa molto, probabilmente sono sorte come un accordo tra i cittadini di una frazione, che erano quasi tutti  pastori ed allo stesso tempo dediti alla coltivazione di grano ed altro, allevavano altro bestiame, quindi facevano il fieno per l’invernata. Questi accordi regolamentavano il pascolo e la raccolta del fieno, ad es.: il bestiame non poteva invadere i prati prima di aver raccolto il primo fieno, ed dopo potevano pascolare anche sui prati padronali

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